Il passato del mio futuro

Ecco perché lunedì 18 e mercoledì 20 aprile ascolterete Spectrum su www.linearock.it

Mox Cristadoro
è un mio amico. Il suo nome, quel Mox lì che non vuol dire quasi niente, mi girava in testa già da prima, prima che un pomeriggio di gennaio, entrando nella sede di Radio Lombardia insieme a quell'anima genovese di Vittorio De Scalzi, io gli stringessi la mano per la prima volta. Dovevo averlo sentito nominare in macchina, sulla mia vecchia Yaris grigio chiaro, quando andavo per le prime volte a Milano e riuscivo a beccare per un pò di chilometri del rock giusto. Ecco, appunto: Rock FM. Poi, io che sono nato con la camicia, mi sono fatto l'Audi. Questo perchè all'epoca ero un pò diverso, e pensavo altre cose. Oppure non pensavo e basta. Sta di fatto che tornavo a Milano, sempre verso sera. Andavo dalla mia ragazza, adesso ne avevo una, ma non grazie all'Audi (con l'Audi non ne ho mai pescata una, anche se mi ricordo quando fuori dal bar, una delle prime volte che la sfoggiavo, qualcuno mi aveva detto che "con quella macchina lì devi buttare giù le fighe dal cofano", immaginando uno sciame di organi sessuali femminili invadere la mia carrozzeria come uno stuolo di calamite su un frigorifero). Andavo dalla mia ragazza, Marta, anche il pomeriggio tardi del 31 maggio 2008. Era un sabato. Sarei passato a prenderla e poi avremmo fatto un aperitivo in un locale vicino alla stazione Cadorna con degli amici, Gaia c'era di sicuro, e poi Jacopo, sì il mitico Jacopo che forse poi non ho nemmeno più rivisto.

(foto: io & Mox sudiamo polenta la scorsa estate)

Mi ricordo benissimo. Ero in via Legnano, quasi all'altezza del Castello Sforzesco, costeggiando il parco Sempione. Mi mancava pochino, solo piazzale Cadorna, via Carducci, via De Amicis, via San Calocero e poi avrei cercato parcheggio. Fu in via Legnano che passai da Radio Capital alle 100.70 di Rock FM. C'era casino. Un'atmosfera da comizio. Io all'epoca ero poco informato delle cose che accadevano. E non avevo mica capito che quel giorno lì Rock FM chiudeva. Dal microfono arrivavano messaggi che non riuscivo a interpretare. Si parlava di gente giù che gridava, lanciava slogan. In Via Carducci credo di aver realizzato che tutte quelle cose succedevano poco distante, in via Locatelli. Solo allora ricordai: "Ah, porco giuda, io ci sono stato lì!". Era in un condominio: tu schiacciavi l'ultimo piano dell'ascensore e lui si apriva direttamente sulla hall di una radio, una delle tante in cui qualche mese prima avevo voluto lasciare il mio curriculum sperando di poterci fare uno stage (col senno di poi è macabro presentarsi a una radio con i giorni contati chiedendo "avete bisogno di stagisti?", lo so, scusate, ma avete capito cos'ero all'epoca, no?).

Ecco. Niente. Voi volete sapere il finale della storia? Non c'è. O meglio, io ho ascoltato questa maratona di fine trasmissioni fino in via San Calocero, ho parcheggiato, avrò pensato qualcosa tipo "cazzo mi spiace!" e ho spento la radio. Le agonie del resto hanno sempre un che di lacerante. Meglio il colpo secco. Quella sera non so come ma con 2 negroni crollai. Nonostante tutto io e Marta ci convincemmo a seguire Gaia a imbucarci a una festa di compleanno zona San Siro, di una ragazza mai vista prima ma che mi sembra fosse ebrea (e quindi molto ricca, infatti il posto sudava sciccherie). Fu una notte terribile, e solo alle sette del mattino rimisi il mio aperitivo. Non nel water ahimè, ma nel lavandino. Otturandolo.

Oggi la storia di quella radio, Rock FM, è entrata nel libro del mio amico Mox. O meglio: non la storia, ma le storie. Le persone, gli incontri, lo spirito che una radio ha quando tenta di essere libera. Si intitola Radio Days - Storie di Rock FM e lo presento insieme all'autore durante la prossima puntata n. 37 di Spectrum in onda lunedì 18 e mercoledì 20 aprile nel doppio appuntamento giornaliero delle 12 e delle 17 sulla web radio www.linearock.it
Lo sapete no? Fino a qualche mese fa, al mio fianco ai microfoni di Spectrum, c'era proprio Mox, che di questo format è stato l'ideatore. Proprio per dire le strade. Come si uniscono a un certo punto, senza sapere nemmeno da dove sono cominciate. Alla finestra di un palazzo vicino alla Stazione Centrale, come ai tavoli di un locale alla moda. Sempre a Milano, comunque.

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