"L'Armata S'agapò", un saggio di Antonio Oleari e Arturo Cattaneo


Nei mesi scorsi è uscito in libreria il secondo volume di Giustizia e Letteratura, pubblicato da Vita & Pensiero. L'opera trae origine dai cicli seminariali organizzati dal Centro Studi "Federico Stella" sulla giustizia penale e la politica criminale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Tra quelli di eminenti scrittori, giuristi, critici letterari ed esperti in comunicazione è presente anche il contributo mio e di Arturo Cattaneo, titolare della cattedra di lingua e letteratura inglese presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore. Ecco un breve abstract del nostro saggio:


Antonio Oleari – Arturo Cattaneo
«L’Armata S’agapò»: il processo al bravo soldato italiano

Nel 1953 la rivista “Cinema Nuovo” pubblica una proposta di film sulla campagna italiana in Grecia nella seconda guerra mondiale: L’Armata S’agapò. E’ subito scandalo, perché l’articolo presenta un esercito poco propenso al conflitto e molto di più alle imprese amorose,  mettendo in luce un aspetto della storia bellica italiana che causa imbarazzo e risentimento nell’establishment. Il processo per vilipendio alle forze armate che Renzo Renzi (autore dell’articolo) subisce insieme a Guido Aristarco (direttore della rivista), è l’inizio di un lungo dibattito critico sulla figura del “bravo soldato italiano” che – tra editoria e grande schermo – si concluderà in maniera del tutto auto-assolutiva con Mediterraneo, il film premio Oscar di Gabriele Salvatores. 
  

In 1953 the magazine “Cinema Nuovo” publishes an article called The S’agapò Army, containing the idea for a film on the Italian campaign in Greece in World War II. The article, which presents an Italian army more given to love making than to fighting, creates embarrassment and concern among the Italian establishment. The writer of the article, Renzo Renzi, and the magazine’s editor, Guido Aristarco, are tried for offensive behavior to the armed forces. It’s the beginning of a debate on the “good Italian soldier” that has been going on both on paper and on the screen, whose culmination is the Oscar winning film Mediterraneo by Gabriele Salvatores.


Scienza e fede. Roba da prendere per le corna.

Oggi svegliandomi e gironzolando pigramente per facebook mi sono imbattuto in questa frase, scritta da uno sconosciuto: "sono una persona dalle normali capacità intellettive, quindi ateo." Ero ancora nel letto, e il primo pensiero della giornata l'ho dedicato a quanto mi sembrasse triste questa rivendicazione di ateismo. Mi pare un po' cinica, di quelle che aprono e chiudono la questione come se si trattasse di decidere quanti etti di prosciutto ordinare al salumiere... Mentre mi sciacquavo il viso e mi vestivo ho continuato a pensare a questa cosa che chiamiamo ateismo. Mi sono domandato cosa sono io: sono ateo perché non vado in chiesa? Non direi. Sono ateo perché, nonostante tutto, su questa faccenda di Dio io non abbia le idee chiare? Sono ateo perché come molti ritengo la Chiesa una costruzione che nella maggior parte dei suoi aspetti nulla c'azzecca con la ricerca spirituale che ogni uomo sente dentro si sé? Ancora non lo so. Ma credo che l'ateismo non possa essere liquidato come una scelta di campo, una specie di out out politico: se non è così, allora è cosà; se non mi dà fiducia quello, allora vado su quell'altro. Pensieri confusi, lo ammetto. Ma era prima mattina, cercate di capirmi. 

A colazione bevo un caffé, mangio biscotti al cioccolato e leggo a voce alta "Vita di Pericle" dello storico greco Plutarco. Non giudicate troppo frettolosamente le mie abitudini mattutine: era semplicemente il primo libro che avessi sotto mano. E sono stato fortunato, perché proprio tra queste pagine ho rimediato la mia buona dose di consolazione giornaliera. Sentite cosa mi è capitato di leggere:

"Si dice che una volta la testa di un ariete con un solo corno fu portata a Pericle dalle sue campagne, e che l'indovino Lampone, come vide il corno duro e robusto che spuntava al centro della fronte, interpretò il fenomeno così: essendoci in città due poteri (quello di Tucidide e quello di Pericle) il potere sarebbe toccato a uno solo, più precisamente a quello in casa del quale si era verificato il prodigio. Al che lo scienziato Anassagora, fatto spaccare il cranio dell'ariete, mostrò però che il cervello non aveva riempito tutta la scatola cranica, ma appuntito come un uovo era caduto da tutta la cavità in quel posto da cui la radice del corno aveva inizio. E allora Anassagora fu ammirato dai presenti. Poco tempo dopo invece fu ammirato Lampone, visto che Tucidide venne sconfitto come era stato predetto e tutti gli affari del popolo finirono sotto il controllo di Pericle. Niente impediva, credo, che fossero riusciti sia il fisico che l'indovino: l'uno aveva afferrato bene la causa, l'altro il fine del fenomeno; allo scienziato spettava infatti esaminare per quali motivi e in qual modo esso si fosse verificato, all'indovino di dire a che scopo si fosse verificato e che significato avesse. Quelli che dicono che la scoperta della causa comporta la confutazione del significato non si rendono conto che in questo modo respingono, insieme ai segni divini, anche quelli escogitati dall'uomo, come il suono dei timpani, le luci delle torce e le ombre prodotte da una meridiana: effetti prodotti tutti da una causa al fine di significare qualcosa."

Che soddisfazione alzarsi al mattino, porsi una domanda, incappare in una testa d'ariete e trovare una risposta grande come l'universo. Far nascere l'ateismo dal semplice "ho buon senso, posso spiegarmi tutto senza che ci sia bisogno di una ragione o di un Dio" è un pochetto sterile. Le cose che si vedono e quelle che non si vedono vivono legate le une alle altre. O almeno è molto bello crederlo.