Provviste #18


La mia lettura dell'estate, giù lungo la corrente del Po. Anzi, la Po (Francesco Guccini avrebbe da ridire su questa faccenda di chiamare i fiumi al femminile, "ma l'acqua è femmina" gli ribatte Paolo in un passo del libro). Rumiz informa, narra e racconta. Sono le tre cose che fanno un libro di viaggio. Sarà anche prolisso in alcuni punti, ma quanta cultura e sapienza, quanto aver visto che c'è in lui. Uomo che si mette in viaggio: tutto il Po navigabile da Pian del Re fino a Sansego, fino al mare aperto così spaventevole per chi per lunghi giorni ha avuto due argini dentro cui chiudere i propri orizzonti. Il fiume maltrattato, rene costretto a farsi carico dei mali di un Paese, strada d'acqua in cui l'uomo getta e da cui l'uomo toglie. Su tutto, il fascino di uno scorrere (parole, pensieri, Storia, popoli, cibo) vero e metaforico, per sempre allergico alla precisione della sua traiettoria:

"Un fiume che corre dritto verso il mare dà assai poco al mondo" avevo letto da qualche parte. [...] Un fiume rettilineo impazzisce, parte alla carica come un rinoceronte africano in una piantagione geometrica. Per questo il meandro è anche metafora grandiosa: la ricchezza dell'arrivo a Itaca sta negli infiniti giri che per anni Odisseo compie per raggiungerla. E davvero non c'è niente di peggio di una via tirata col righello, priva di paure, incidenti, errori e ritorni. Ma il fiume è anche narrazione: e poiché, nel discorso, meandro è sinonimo di tortuosità, digressione e intrico, ecco che censurare i meandri di una discussione equivale a castrarla del suo meglio. Sono le digressioni delle favole la cosa che piace di più ai bambini. E sono sempre i meandri a farci penetrare un romanzo con maggiore efficacia.

Ricordo quella gita sull'Adda, una domenica di giugno. Il colore dell'acqua, il sottile profilo dell'argine. Ancora non mi era capitato per le mani Morimondo. Ma l'avevo chiamato, ne sono sicuro.

Una frase: L'aria era di vetro, i pioppi nel vento facevano un brusio da mercato di paese e una luce color del tè stava ricoprendo ogni filo d'erba sull'argine. 

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