La funivia, le nuvole e la pioggia

Proprio oggi che inauguravo la mia funivia
modello nuovissimo, unica campata
l’acciaio che si flette a metà del cielo.
A benedirla un gabbiano stanco,
di quelli venuti in pensione sul lago
un reduce insomma.
Ha tenuto a dire degli anni nell’oceano,
e i colombieri di un brigantino coloniale,
e della volta che quasi perdeva una zampa.
L’uomo di mare – questa la fine della sua predica,
è solo un terrestre che non sa dove appendersi.
Un palmipede senza artigli.
A quel punto dormivano tutti
quando la funivia s’è mossa
la mia funivia
ha bucato le nuvole
s’è bagnata come un dito nell’ovatta.
Da sopra ho visto l’esatto momento in cui
ha iniziato a cadere: ombrelli aperti, pozzanghere
e il brontolio della gente che non desidera più.
Ma ora che sono proprietario di una funivia
andrò alla pesca d’ogni desiderio.
Scoprirò sopra quali acque sono nate queste nuvole.
Con dentro che pesci, di cosa era fatto il fondale.
Quali le correnti, l’altezza dei cavalloni.
Risalirò al raggio di sole che un giorno s’infilò nel mare,
come uno stecco piroettò,
e se ne uscì avvolto da una robina.

Tipo zucchero filato al gusto di pioggia.

(Meda, 6/11/2014)


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