La beneficenza dello scrittore: una lettera apertissima (anche alle critiche)


Mi è capitato diverse volte di ricevere inviti a scrivere racconti per antologie di nuovi e giovani autori in cambio della gloria e della celebrità. In alcuni casi ho accettato, ma poi per una cosa o per l'altra quelle antologie non sono uscite. Da un certo tempo a questa parte ho invece deciso di non accettarle più. Così come ho intenzione di far terminare i miei rapporti con realtà editoriali per le quali faccio la cosiddetta "beneficenza". Ovviamente non certo perché io mi reputi così valido nel mestiere da meritare importanti riconoscimenti economici. Ma perché credo che in ballo ci siano questioni cruciali.


Proprio oggi mi è giunto un nuovo invito a far parte di un florilegio di giovani penne nostrane. Alla sfortunata curatrice (valida scrittrice e curatrice editoriale, onesta nel chiarirmi da subito le condizioni della cosa) è capitato in sorte di diventare il capro espiatorio con cui mi sono concesso un piccolo sfogo sull'argomento. A lei - per non farle perdere troppo tempo e per preservarla da una paternale fors'anche fuori luogo - ho risposto con una versione breve. A voi invece non vi preservo e vi rifilo per intero quella che avrebbe voluto essere la mia risposta:


Ciao ***,

piacere di risentirti! Ti ringrazio di aver pensato a me. La cosa è interessante e come sai difficilmente mi tiro indietro. 
Però ora come ora mi occorre capire alcune cose, visto che non è la prima volta che mi vengono fatte proposte di questo tipo. In primis: questo libro avrà un costo, giusto? Bene, significa che una persona qualunque per poterlo possedere dovrà spendere del denaro. Questo denaro a chi andrà? Nella mia visione forse antica delle cose il denaro ricavato dalla vendita di un libro dovrebbe andare in parte all'editore (e ai professionisti a cui si è rivolto per la realizzazione del volume) e in parte all'autore. Nel caso, anche a un eventuale curatore. E io credo che questo debba continuare ad avvenire, se vogliamo che i mestieri della scrittura vadano avanti.

Nel caso specifico: capisco lo scarso volume di vendita di queste antologia, capisco che il ricavato diviso tra tutti gli autori dei racconti si tradurrà in una cifra ridicola, metto in conto mille altre variabili... ma quella cifra ridicola va garantita. E' il riconoscimento di un lavoro intellettuale che si sta sempre più svendendo. Fossero solo 1 euro o 50 centesimi, quello che conta, lo capirai bene, è il significato. 

Tu mi potrai dire: ma nemmeno l'editore ci guadagna nulla. Benissimo, allora chi ci guadagna? Solo lo stampatore? Ecco, allora fermiamoci. Perché un mercato librario in cui non ci guadagna più nessuno non ha senso di esistere. Soprattuto se perde di vista l'origine. E l'origine di un testo sta in colui che l'ha pensato e realizzato. Fa sorridere pensare che "autore" derivi dal latino "auctoritas", l'autorità intesa come potere legittimato, riconosciuto, a cui tutti si affidano: possibile che oggi l'autore sia finito così indietro? Ultima rotellina di un ingranaggio a cui, per la verità, manca anche l'olio...

E ancora mi si potrebbe rispondere: con tutta la burocrazia da cui siamo sommersi, pagarti quel minimo (e simbolico) ricavo costerebbe all'editore molto più di quel ti dovrebbe. Verissimo. A un editore che mi dicesse "guarda, ti dovrei 5 lire, ma pagartele mi costa 10" io sono pronto a stringere la mano. Sarà l'autore, in questo caso, a capire, magari rinunciando, con un po' di buon senso, a quelle 5 lire. Ma proporsi fin da subito come un editore che non ti pagherà per nulla non è logico. Anche perché: immaginiamo che per ragioni a noi del tutto ignote il libro dovesse vendere migliaia di copie, magari perché contiene un racconto splendido di uno scrittore che di lì a poco avrà ottenuto un successo planetario... Quell'autore, avendo firmato una liberatoria, non ci guadagnerà nulla. Idem tutti gli altri. Un paradosso. E' vero che il loro nome girerebbe, ci si farebbe conoscere. Ma non possiamo più accontentarci di fare le cose perché infarciscono il curriculum. Soprattutto di questi tempi in cui c'è troppo di tutto, in cui tutti leggono e vedono tutto ma non si ricordano nulla. Così la letteratura fa una brutta fine.

Da ultimo, giusto per non passare per incoerente: naturalmente ho scritto articoli, saggi o racconti gratuitamente e per libri che avevano il loro bel prezzo di copertina. Ma in quel caso si trattava di omaggiare un artista, un'etichetta discografica, un paese, una squadra di calcio che ero convinto meritassero il mio impegno. Ne ero anzi onorato. Ma qui mi pare si tratti d'altro.  

Ora, spero tu mi possa smentire seduta stante. Magari chiarendomi che si tratta di un'iniziativa di beneficenza, oppure che il libro fa parte di un progetto editoriale gratuito con il solo (e nobile) scopo di diffusione culturale. In tal caso accetterò volentieri il tuo invito e mi metterò al lavoro per fare del mio meglio. Ma se le cose stanno così - e se gli autori nemmeno avranno il piacere di ricevere una copia omaggio - beh, purtroppo devo dirti di no. Uso il "devo" perché sento, nel mio piccolissimo, il senso di responsabilità verso un futuro, quello del libro, che è sempre più incerto nel nostro Paese.

Ti ringrazio e ti abbraccio
Antonio

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